Accise Benzina

Sulla benzina accise al 55%, produrla costa solo 87 centesimi al litro

Il prezzo record dei carburanti sconta accise record. Che si sono consolidate, balzello dopo balzello, dai tempi della caduta di Addis Abeba alle auto Euro6

È vero, noi consumatori del 2022 paghiamo ancora oggi a un Fisco patafisico la guerra d’Abissinia, ma prima di tutto viene il rigore dei dati numerici. La rilevazione settimanale del ministero della Transizione dice che lunedì 7 marzo la benzina costava in media 1,95 euro al litro di cui 1,08 euro di penalizzazione fiscale e 87 centesimi di prezzo industriale. Il gasolio 1,82 al litro di cui 94 centesimi di disincentivo fiscale e 88 centesimi di prezzo industriale. Sì, sono le tasse più alte a rendere la benzina più cara del gasolio, il quale in realtà ha un prezzo di mercato più salato della verde.
E tolte le tasse il costo dei carburanti italiani è più basso della media europea. In termini percentuali, la penalizzazione del Fisco sui carburanti è il 55% del costo finale della benzina e il 51% del prezzo totale del gasolio. Per gli adoratori del dettaglio, alla rilevazione di lunedì 7 marzo sulla benzina l’accisa è pari a 72,8 centesimi e l’Iva 35,2 centesimi. Per il diesel, 61,7 di accisa e 32,9 di Iva al 22%.

La guerra d’Abissinia

Come in una diafania, gli 1,08 euro di peso fiscale sulla benzina sono formati di decine di aumenti con cui, dalle prime automobili che sbuffavano a fianco delle case cantoniere fino alle moderne auto Euro6, lo Stato italiano ha finanziato ogni sua impresa e ogni momento di difficoltà. Era il 1935 quando (si perdoni la grandinata di lettere maiuscole) Sua Eccellenza il Capo del Governo Cavalier Benito Mussolini decise di usare le accise sulla benzina per dare soldi alla guerra d’Abissinia e creare il suo effimero impero. Aggiunse un’accisa salatissima di ben 1 lira e 90 centesimi, pari a un rincaro improvviso di ben 2,19 euro di oggi. Ma le auto erano pochissime, avevano ruote a raggi, i bambini e i cani rincorrevano le automobili sulla strada e chi poteva permettersi il lusso estremo di una vettura poteva concedersi anche un rincaro così scottante.

Dall’una tantum all’una semper

Nel Paese con il fisco più fantasioso e affamato del mondo le tasse sui carburanti sono state lo strumento più ricorrente per fare fronte a situazioni di emergenza. I decreti di rincaro fiscale non hanno mai espresso in modo chiaro i motivi e la durata delle nuove accise così, a emergenza finita, i Governi con elegante distrazione si sono sempre scordati di togliere la tassa di scopo. A parole erano «una tantum», nei fatti restavano «una semper». La terribile guerra in Bosnia (23,11 lire al litro) fu l’unico caso trasparente di finalità con data di scadenza (fino al 31 dicembre 1996), però pochi giorni prima della scadenza, la solita elegante distrazione rese stabile per sempre il rincaro fiscale.

Suez, il Belice e gli altri

Oltre alla guerra d’Abissinia, le accise furono aumentate per pagare i danni e le ricostruzioni delle grandi tragedie del Vaiont (10 lire, ottobre ’63) e dell’Irpinia (’80 con 75 lire di aumento) e gli interventi umanitari in Libano (205 lire nel 1983, divise in due comode rate). E poi altre 14 lire per affrontare la crisi internazionale del canale di Suez del 1956; altre 9,6 lire (Ige esclusa) per i danni dell’alluvione di Venezia e Firenze del 4 novembre 1966; ancora 10,07 lire per il terremoto del Belice del ’68; altre 99,8 lire per il terremoto del Friuli del maggio ’76. E a ogni rifornimento insieme con l’automobile camminano i fantasmi della marcia senza tempo del Regio Esercito verso Addis Abeba.

Fonte : Il sole 24 ore

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